Descrizione
La Chiesa, di epoca rinascimentale, è dedicata al patrono di Edolo, S. Giovanni Battista.
Sulla facciata troviamo un pronao affrescato e di fianco è situato un campanile, di origine romanica, ma ricostruito nel 1954. All'interno sono perfettamente conservati gli affreschi di Paolo da Caylina il Giovane, che vi lavorò intorno al 1530-35. Sulla parete di fondo sono raffigurati la Crocifissione, il Battesimo di Gesù e la Decollazione del Battista; nella volta è rappresentato il Padre Eterno con Santi e le Storie di Adamo ed Eva, mentre sulle pareti laterali vi sono le Storie del Battista e nel sottarco la Sibilla e Profeti.
Le figure affrescate sono inserite nell'architettura dell'edificio con atteggiamenti dinamici, grazie anche ad un uso sapiente della prospettiva.
Don Mario Gazzoli (Edolo 1914 - 1983), che della chiesa fu rettore e custode amoroso per quasi trent'anni, così la descrive:
"Si nasconde tra antiche case e va cercata come viola tra i cespugli... Quando la scopri, ti senti accolto con umile tenerezza dalla dimessa facciata, deturpata dalle intemperie. Quando ti avvicini ti abbraccia il pronao rinascimentale e ti sorride la Vergine col Bambino e S. Giovanni dalla preziosa lunetta, malconcia per il tempo e la saputa imperizia di inesperti restauratori. Sei entrato. Se trovi la chiesa illuminata, l'occhio si dirige al presbiterio, dove indugia lungamente e presto ti porta il passo. Presbiterio maestoso che si erge alto chiudendosi in bellissima cupola come fiore rovesciato. Architettura goticolombarda di tipo unico: qualche analogia forse puoi trovare in Portogallo ammirando lo stile manuelino. Tutto il presbiterio è coperto di affreschi del 1500. Non c'è firma, ma non è difficile scorgervi se non la mano l'influsso del grande pittore Girolamo da Romano, detto il Romanino (1485-1560). Al centro della cupola, come nelle basiliche greche, il 'Pantocrator', l'Onnipotente, e nelle vele adiacenti un corteo di angeli in vesti dai colori delicati; appena sotto, la storia dell'antico testamento, dalla creazione dell'uomo alla tentazione e al peccato, al castigo con l'espulsione dal paradiso terrestre e la pena del lavoro, al sacrificio di Abele e Caino, all'uccisione di Abele, ad Abramo e in ultimo a Mosè che riceve le tavole della legge. Ai quattro lati, come un anello di congiunzione tra l'antico e il nuovo testamento, i quattro evangelisti. Nelle pareti, al centro l'imponente crocifissione, con dolce paesaggio dove, con un po' di fantasia, par di veder muoversi l'aria! Ai lati la vita di san Giovanni Battista cui è dedicata la chiesa. C'è l'annuncio della nascita di Giovanni al padre Zaccaria, la visita della Madonna a Elisabetta, la nascita di Giovanni, il battesimo di Gesù da parte di Giovanni, la decapitazione dello stesso e la presentazione della testa al banchetto di Erode. Nell'ultimo scomparto, a sinistra, probabilmente c'era la sepoltura di Giovanni, ma infiltrazioni di umidità, dovute forse al campanile un tempo addossato alla chiesa, hanno del tutto distrutto l'affresco".
Sulla volta dell'arco d'ingresso al presbiterio appaiono alcune belle figure di sibille e di profeti. Gli affreschi, oggetto di un accurato intervento conservativo e di ripulitura concluso nel 2005, furono eseguiti intorno al 1530 e sono quasi unanimemente attribuiti a Paolo da Cailina il Giovane, nato a Brescia nel 1485 e morto dopo il 1545, conterraneo e contemporaneo quindi del Romanino, a cui si è ispirato per la propria pittura, assimilandone i canoni con grande maestria. Per il colore tonale che conferisce plasticità alle immagini, per l'architettura equilibrata, costruita secondo un gioco sapiente di piani prospettici, per l'atmosfera limpida, non priva di lirismo, per la carica psicologica interiore delle figure, prive di teatralità, per il valore complessivo e per l'impegno costruttivo, il ciclo pittorico di San Giovanni è, secondo eminenti studiosi, una delle più convincenti opere del Cailina.
L'attuale struttura della navata della chiesa, che contrasta con le linee architettoniche snelle ed eleganti del presbiterio, è dovuta ad un intervento di fine Settecento, poco avveduto, almeno secondo i criteri moderni, che tendono a recuperare e a conservare le opere originali. Nell'estate del 1781 invece, gli Edolesi, riuniti in "Generale Vicinia", "vedendo che siccome il coro era involtato ed ornato di antiche e bellissime pitture, così si sarebbe abbellita la chiesa, se si fossero involtati gli altri due campi" (della navata e della balconata), con "plauso" decisero di provvedere in tal senso e di ripudiare la copertura esistente, che era in legno, con travi a vista sostenute da mensole lavorate e intervallate da due archi gotici, simili a quello d'ingresso al presbiterio. Il risultato fu quello di creare una struttura tozza e appiattita, resa in parte meno sgradevole dalle finestre aperte sulla facciata nel 1885, "allo scopo di dare alla chiesa maggior luce e aria, reclamate da anni dalla divota popolazione" e in seguito abbellite con vetrini tondi, antiche e costose gocce veneziane, racimolate pazientemente qua e là.
Anche i recenti interventi strutturali hanno contribuito a riqualificare la navata e l'intera chiesa. Si era reso ormai indispensabile eliminare l'umidità che, risalendo lungo le pareti, provocava danni sempre più gravi alle pitture e agli arredi; molti danni provocava anche l'impianto di riscaldamento ad aria, per la polvere che sollevava. Si tolse quindi la pavimentazione, che era di poco pregio, si risanò il sottosuolo e si posò un nuovo impianto di riscaldamento a pavimento; il tutto fu ricoperto con formelle di cotto antico, lavorato a mano, molto più adatto all'edificio. Per il pavimento del presbiterio si scelse il pregiato marmo rosso di Verona, che bene si raccorda con i gradini dell'accesso e con la balaustra.
Le pitture e le decorazioni, spesso grossolane, che si sono sovrapposte sulle pareti e sulla volta della navata nei secoli scorsi, furono ricoperte con una tinteggiatura uniforme e linda, che, senza compromettere quelle già in essere, mettesse in maggior risalto, insieme al nuovo sistema di illuminazione, gli affreschi del presbiterio e i frammenti di quelli quattrocenteschi, riaffiorati sulle pareti della navata stessa. Nella navata non ci sono opere di notevole pregio artistico. L'altare più vicino al presbiterio è dedicato a S. Giovanni Nepomuceno: resta da comprendere il motivo dell'antica devozione per un santo poco conosciuto, quasi esotico per gli Edolesi. Sull'altare è posta una statuetta di S. Antonio di Padova, opera di Antonio Sandrini, scultore e restauratore di Ponte di Legno. Le due tele ai lati sono del pittore bresciano Oscar Di Prata e raffigurano S. Antonio abate e S. Rita da Cascia. II paliotto è costituito da una tela del 1600, dal chiaroscuro di notevole effetto: rappresenta la Vergine addolorata e ai lati S. Rocco e S. Lucia. Il secondo altare è dedicato alla Madonna di Pompei.
Di notevole bellezza è la piccola tela del 1700 posta sopra l'altare stesso, raffigurante la Madonna col Bambino. La statua del Cristo morto, ai piedi dell'altare, un tempo veniva esposta solo durante la Quaresima. Sul fianco sinistro della navata, sopra la porta laterale, si trova una tela del 1700, di buona fattura: "La dolcezza del cielo dorato e la levità della veste celeste della Vergine, balzano dall'oscurità in cui è immerso il drago" (Gazzoli); nella parte bassa sono raffigurati S. Paolo e un santo non identificato. Nella lapide cinquecentesca murata accanto alla porta, è riportato l'atto di costituzione dello ius patronatus sulla chiesa, eretto il 19 febbraio 1574 da parte della Comunità di Edolo e dei fratelli Federici, che ne avevano promosso la ricostruzione e contribuito alla probabile importante spesa degli affreschi. Di pregevole fattura e di epoca imprecisata sono le statue di S. Lucia e di S. Rocco che si incontrano poco oltre. Di puro stile classico è la piccola nicchia cinquecentesca, murata e in attesa per ora di una statua consona alla sua finezza. Apprezzabili per la tecnica pittorica, per il colore e per l'espressività, sono i quadri su tela della Via Crucis, che risalgono al 1700. Quando sia stata costruita, la chiesa di S. Giovanni, resta ancora da scoprire; per ora risulta soltanto che già nel 1395 vi si celebrava una messa votiva nella festa di S. Rocco. La struttura attuale risale ai primi decenni del '500 e il rifacimento fu radicale, perché la precedente era malridotta e ormai inadeguata all'aumentata popolazione: fu riconsacrata il 7 settembre 1532.
II campanile di stile romanico, "meritevole per la sua bella architettura del secolo XV, caratterizzata dalle finestre bifore, dalle merlature di finimento e dalle murature di pietra a vista scalpellata" (Canevali), fu costruito tra il 1542 e il 1545 dal capomastro Bortolo Boninchi di Mù. Con il passare dei secoli però si inclinò sempre di più verso la chiesa, a cui era accostato sul lato sud, fino a costituire un vero pericolo: già alla fine dell'800 presentava uno strapiombo di 80 centimetri. Nel 1954 il Genio Civile, nel contesto del risarcimento dei danni di guerra, ne ordinò l'abbattimento e la ricostruzione. Si numerarono le pietre della sede campanaria, delle finestre e dei merli, perché il nuovo campanile risultasse il più possibile fedele all'originale.